Wes Anderson e la “Molte Miglia”

Presentato nel 2013 al Festival del Cinema di Roma, il corto di Wes Anderson in collaborazione con Prada restituisce una visione onirica e originale sul mondo delle corse e di come il destino, a volte, possa svelare i suoi giochi anche davanti a un piatto di pasta.
Wes Anderson

1955, esterno notte, una piccola piazza che potrebbe appartenere a un qualsiasi paese dell’entroterra italiano. Al centro dello schermo si staglia nella soffusa luce notturna uno striscione dove grandi parole rosse recitano: Molte Miglia.
È cosi che Wes Anderson ci introduce nella sua onirica visione del mondo delle corse.

Un luogo animato

Dei personaggi popolano l’unico locale aperto, un bar come quelli di una volta con scritta al neon e radio che gracchia musica quasi diventata rumore bianco. Il vociare è sommesso, tradisce l’attesa annoiata degli abitanti del posto che, improvvisamente, sembrano scuotersi dal loro torpore. Poco a poco fari di macchine infrangono il tessuto buio della serata e la Molte Miglia assume finalmente connotati credibili.
Macchine si inseguono, quasi fantastiche nel loro essere tirate fuori da un tempo sospeso, lontane dalle carrozzerie moderne così sfuggenti. Qui è il tripudio di rotondità e ruote di scorta che spuntano dal portabagagli.
E così come è arrivata, la Molte Miglia scompare se non fosse per un ultimo, lontano rombo di motori.
Appare un’auto rossa fuori controllo che sbalza in ogni dove, non accenna a rallentare e…scompare dallo schermo.

Wes Anderson

Buio

Ritorna la piazza di prima ma ecco che qualcosa ha infranto quella pace: la vettura rossa numero 32 si è schiantata vicino alla fontana e le fiamme la circondano. Vicino a lei, fra grida e confusione c’è il pilota “J. Cavalcanti”, avvolto nella sua tuta giallo senape della scuderia Prada, troppo intento a prendersela con il suo meccanico per occuparsi effettivamente della condizione dell’auto.
Sono queste semplici ma intriganti promesse a far entrare lo spettatore nel mondo di Castello Cavalcanti, luogo dove si svolge la vicenda e dove il protagonista omonimo troverà molto di più di un semplice passaggio in autobus per tornare indietro.

Cinecittà immaginifica

Cinecittà offre i suoi spazi immaginifici all’ambientazione e consente, in qualche modo, di avvertire un’idea di cinema italiano ormai persa. Varie sono le citazioni felliniane a capolavori come la Dolce Vita o Amarcord che nel tempo sospeso della narrazione ritrovano un senso similare di elogio a un’epoca passata su cui Wes Anderson consapevolmente sembra non voler mettere le mani appieno. Il suo mondo è un altro, che le storie di dive fluorescenti le racconti qualcun altro.
Questo corto di poco più di sette minuti potrebbe definirsi più che altro un omaggio, un elogio a quell’Italia, quasi immaginata, che gli americani pensano di conoscere così bene. Il tono è chiaramente ironico e chiedere di Jason Schwartzman un piatto di spaghetti non si può far a meno di sorridere perché è chiaro: lo stereotipo parla a tutti, ma è l’amore per quei ritmi e quelle gare a far rimanere lo spettatore incollato allo schermo.

Castello Cavalcanti è un non-luogo

Castello Cavalcanti è il palcoscenico di una favola moderna in cui l’eroe lascia a casa cavallo e armatura per prendere al loro posto auto da corsa e casco. Il giovane pilota è una creatura urbana che, nel vedere le mura di pietra del posto e i suoi abitanti che in qualche modo conoscono tutto di tutti, ne riconosce la magia. Il cinema su ruote si sposta così in un luogo ancestrale, staccato da qualsiasi riferimento storico reale o apparente, semplicemente trova nell’escamotage della gara automobilistica il perfetto esempio di come i giochi del destino non richiedano grandi scenografie o dinamismi eccessivi (qui effettivamente, tranne per le auto, tutto sembra in una stasi calibrata al millimetro).

Wes Anderson
Wes Anderson cita l’Italia in un modo tutto suo, amandola nei suoi colori saturi, nel giallo e rosso della divisa del giovane Cavalcanti, nell’elogio che la gioia delle piccole cose porta con sé. I riti che solo eventi come la Molte Miglia possono creare fanno confluire sensazioni particolari, tradotte in quei momenti che sembrano credibili solo se visti sul grande schermo ma che in realtà, senza neanche troppo sforzo, possono accadere a ciascuno di noi.
Basta solo trovare il giusto direttore della fotografia.

 

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Intrepide

Giulia Colasante si affaccia al mondo nell'ultimo anno del secolo scorso, in tempo per sentirne raccontare in diretta, abbastanza per rimanerne incuriosita. Laureata in Filosofia all'Università di Roma Tre, per tentare di capire il futuro che l'attende studia Scienze Cognitive della Comunicazione e dell'Azione. Che attende lei, ma anche un po' tutti gli altri.

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