Paola Pigni ha staccato tutti
La sua ultima corsa l’ha voluta fare così, un ritorno alle origini, proprio come quando correva da velocista e tutto si consumava in un attimo e in un attimo se n’è andata via.
Una vita sportiva straordinaria quella di Paola: il bronzo olimpico a Monaco ’72, tre record mondiali di atletica leggera su distanze diverse – il miglio, i 1500 e i 3000 -, 26 titoli nazionali e innumerevoli altri successi internazionali. Una vita sportiva che Paola lascerà solo dopo tredici operazioni al piede, quando non dico una, ma forse cinque o sei avrebbero fatto desistere molti.
Ma Paola era così, con una volontà ostinata di superare gli schemi e di avvicinare il più possibile la realtà ai suoi sogni.Per questo motivo, glissando i tanti numeri che sarebbe facile elencare, ci piace ricordare Paola proprio per la sua dote non solo di saper guardare oltre, ma anche di essere riuscita ad andarci.
A Paola la velocità non bastava
Cresciuta nella sensibilità della musica che era l’anima dei genitori – tenore il padre, cantante la madre -, Paola vuole la fatica e non solo quella della distanza, ma anche quella del terreno, il cross, la corsa campestre.
E la voleva al punto di allenarsi anche da sola e da sola andare a sfidare, ad esempio, le atlete dell’Est al Cross de l’Humanitè nel 68 francese, quando la provenienza di oltre cortina era la sottaciuta garanzia di quello che dopo sarebbe stato chiamato doping di Stato.
E così corre, Paola, chissà quanti chilometri corre nella sua vita, e vince quasi tutto il possibile, con quel bronzo di Monaco nei 1500 – dove viene preceduta guarda caso da due atlete dell’Est, la sovietica Ljudmila Bragina e la tedesco-orientale Gunhild Hoffmeister – che moralmente vale oro.
Vale oro non solo per il doping di Stato che aleggia, ma anche perché l’anno precedente, nel marzo 1971, tra un record e l’altro, nasce Chiara, figlia di Paola e di Bruno Cacchi, suo allenatore e marito.
Ci vuole stoffa per tutto questo, ce ne vuole per allenarti quando gli altri pensano che sia inutile e anche sbagliato, ce ne vuole per farsi largo e vincere, prima del tempo e della distanza, gli stereotipi e i pregiudizi, ce ne vuole per prepararsi per le Olimpiadi e sfidare l’impossibile subito dopo una maternità.
Ci vuole stoffa ed è quella che vediamo nella fotografia, una delle tante che si trovano in rete e che abbiamo scelto perché ci restituisce il viso di Paola nella sua espressione del massimo sforzo, il collo teso, la bocca serrata, gli occhi che mangiano la pista, sintesi perfetta del suo carattere.
Ci vuole stoffa per tutto questo e ci vuole Paola Pigni.
Oltre lo sport, un esempio per tutti.