Ezio Loik. Mirella ritrova il papà

30 ottobre 2025. La famiglia granata perde Mirella Loik, figlia di Ezio. Immortale, invincibile, indimenticato lui. Straordinaria testimone del ricordo lei. Grandi fra i Grandi.
 Roberto Amorosino
Ezio Loik e Mirella

Il filo che ci lega agli Immortali mai si spezzerà. Oggi Mirella ha ritrovato papà, siamo messi a dura prova. Sulle tribune di quel campo dove mai si smette di correre ora si batte le mani ancor più forte, sempre e solo sotto la pioggia battente. Guarda la partita e lascia stare me, non sto piangendo, è solo un altro giorno di pioggia.
Ezio Loik era la mezzala destra del Grande Torino, un numero imprecisato di polmoni, tutti al servizio della causa. Una roccia, lo chiamavano “elefante”, macinava chilometri, non una freccia, la fatica quella sconosciuta e la capacità di trovare la porta anche senza la coordinazione necessaria e da qualsiasi posizione. Campione tra i campioni, 176 partite in maglia granata per 69 reti, numeri da primo attaccante. Mirella aveva solo 4 anni quando papà non è tornato.

Ezio Loik

Ezio è fiumano di Fiume, italiano due volte

Mirella radici in un’altra meravigliosa località, diversissima, Torre Pellice, capoluogo dell’unione montana pinerolese, ma avrebbe dato tutto per una vacanza con papà tra le Alpi Giulie ed il golfo del Quarnaro. Ezio nasce il 26 settembre 1919, che solo scrivere mese ed anno mi sale un brivido rivoluzionario lungo la schiena, due settimane prima 200 legionari condotti da Gabriele D’Annunzio prendono la città, la Santa Entrata, per rispondere con la più spavalda delle azioni al malessere per una questione territoriale risolta male, anzi irrisolta, dopo la vittoria (“non sarai mutilata”) nella grande guerra. 

A casa di Ezio si lavora sodo

Papà è operaio del silurificio Whitehead al servizio degli imperi centrali. Ervino ha quattro anni quando nasce il fratellino Ezio (c’è poi Egeo, gemello di Ervino, ventiduenne caduto della GNR nel secondo conflitto mondiale). Ervino ed Ezio giocano a pallone per strada fino a quando fa buio, e quando un camion sfracella il piede di Eziolino sembra proprio che la fabbrica sia l’unica prospettiva per il ragazzo. Ezio non ci pensa, pensa solo a guarire, torna in piedi, cammina, corricchia, si mette in porta a parare i palloni dei fratelli fino a tornare a giocare come e meglio degli altri. Gente tosta i fiumani, bonari e gioviali ma quando c’è da darci dentro, secondi a nessuno. 

Ezio Loik

Da Fiume a Torino

La Leonida Fiume è una bella squadra, ma la Fiumana è terza divisione, calcio vero, e tra le due società c’è un buon rapporto. Ezio Loik a 17 anni è già in prima squadra, 41 partite e 12 reti. Da Fiume a Milano per tre campionati nella massima serie e la definitiva consacrazione con l’esordio in nazionale (4-0 alla Croazia) il 5 aprile 1942. A Venezia trova la fama, i risultati (il terzo posto dei neroverdi è storia), ma soprattutto Valentino Mazzola, coetaneo, con cui passa al Torino per costruire le fondamenta di quel qualcosa che mai avrà fine. Ferruccio Novo chiude la trattativa con 1 milione e 200 mila lire ai lagunari oltre a due giocatori, Mezzadra e PetronDelle imprese del Grande Torino non diciamo altro qui. 

Mirella nasce nel 1945, figlia unica

Mamma Lilia, giovane valdese e figlia di un dirigente dell’azienda automobilistica torinese, sposa Ezio l’anno prima in piena guerra. E proprio nel rifugio, tra il rumore delle sirene e quello micidiale dei bombardieri alleati, si conobbero piano piano un po’ meglio. Prima lei era solo una bella ragazza che Ezio incrociava nel tragitto a piedi verso l’allenamento. Lui e Valentino condividevano l’appartamento di via Moretta e sul tram verso il Filadelfia quasi nessuno, seppur riconoscendoli, osava rivolgergli parola. Lilia è stata l’ultima delle vedove ad andare avanti, serenamente consapevole che il ricordo di Ezio era affidato alla figlia migliore del mondo. Unica Mirella, impareggiabile custode del mito senza fine. Lei il filo lo ha rinsaldato con i modi, la presenza, il racconto. Bellissimo “Il mio papà”, il suo libro. Architetto, ricercatrice di storia contemporanea e professoressa del politecnico di Milano. Si commuoveva sempre ricordando i ragazzi invincibili: “Erano giovani, giovanissimi, una vita davanti, sono stati soprattutto esempio di lealtà e correttezza“.

Ezio e Mirella Loik

Di papà Mirella sa tutto

Da mamma ha saputo di più dell’esodo, dei nonni, delle sue forti radici fiumane a cui era legatissimo. Ezio conosceva la storia della sua terra e aveva completato gli studi alle scuole superiori prima di iniziare a giocare per davvero. Mirella ha fatto in tempo a capire che Ezio aveva grandi progetti per lei, la sua bambina. Gli nascondeva cose in giardino per superare la paura del buio, era modesto e determinato come in campo. Fu felice di sposarsi nella chiesa valdese, arrivarono alla cerimonia in tram sfidando l’ennesimo suonar di sirene a preannunciare l’ennesimo sfregio alla città di Torino che, nel conflitto, perse più di duemila caduti civili. Da quel cielo, era scritto, non scende solo la pioggia. 

Quel giorno che non doveva arrivare lei aspetta il ritorno del papà che ha promesso di portare un souvenir da Lisbona

Aveva chiesto una barchetta. Perché “La barchetta in mezzo al mare” è la prima canzone che papà le insegna. Nilla Pizzi canta: “…è diretta a Santa Fe’ dove va per caricare mezzo chilo di caffè‘”.
Nello strazio di macerie e lamiere di Superga, la barchetta spunta fuori da un bagaglio aperto.
È intatta.

 

 

Roberto Amorosino romano di nascita, vive a Washington DC. Ha lavorato presso organismi internazionali nell'area risorse umane. Giornalista freelance, ha collaborato con Il Corriere dello Sport, varie federazioni sportive nazionali e pubblicazioni on line e non. Costantemente alla ricerca di storie di Italia ed italiani, soprattutto se conosciuti poco e male. "Venti di calcio" è la sua opera prima.

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