Maratona di Parigi 2025. 42 km di salite, fatica e cuore

42 chilometri verso una linea che cambia tutto. Gli ultimi 2 chilometri? eternità, distanza siderale. Una maratona perfetta? No, ma la mia maratona, strappata con il cuore a Parigi, nella città che nel mio cuore ha un posto speciale. Adesso, ancora di più.
 Greta Vittori
Maratona di Parigi 2025

Non so bene come iniziare questo racconto. Forse perché, a distanza di giorni, ho ancora le gambe indolenzite, il cuore pieno e la testa che rimbalza tra la fatica e l’orgoglio. Ho corso la Maratona di Parigi. E no, non è stata una di quelle gare da manuale. È stata dura, cruda, autentica. Ma forse proprio per questo è stata bellissima.

La preparazione… che non c’è stata

Sì, lo ammetto: non ero pronta. O meglio, avrei voluto esserlo.
Avevo un piano di allenamento, un programma, delle aspettative. Un Coach. Poi, come spesso accade, è arrivata la vita: problemi fisici, giornate no, piccoli infortuni, mancanza di energie, e quella sensazione costante di inseguire tutto… tranne il tempo per me.
Così, tra una pausa forzata e l’altra, mi sono ritrovata a poche settimane dalla maratona con poche uscite lunghe, e la consapevolezza che fisicamente non sarei arrivata pronta. Ma dentro, qualcosa mi diceva che dovevo esserci comunque.

La partenza: emozione pura

Parigi all’alba ha qualcosa di magico. L’Arco di Trionfo, migliaia di runner attorno, la musica, la pelle d’oca. Mi guardavo intorno e pensavo: “Davvero sto per fare questa cosa?”. Sì. Nonostante tutto, ero lì. Pronta (o quasi) a sfidare quei 42,195 km.

Maratona di Parigi 2025

Il percorso: molto più che cartoline

Parigi è meravigliosa, mi fa innamorare ogni volta che ci vado, ma correre la maratona non è una passeggiata turistica.
Anzi. Il percorso è tosto. Tante salite, tanti falsi piani, curve, lunghi rettilinei che ti svuotano la testa.
I primi chilometri li ho affrontati con prudenza, ascoltando ogni segnale del mio corpo, cercando di non farmi travolgere dall’entusiasmo degli altri.
Poi, piano piano, le gambe hanno iniziato a chiedere il conto della preparazione mancata.
Dal 25° in poi è stata una battaglia interiore.
Ogni salita sembrava più ripida, ogni discesa non bastava a recuperare. Il fisico urlava, ma la testa…teneva botta.
E lì ho capito che quella non era solo una corsa. Era una prova di resilienza.

I chilometri più duri… e quelli più belli

Dal 30° km in poi ho iniziato a correre davvero con il cuore.
Quella parte dove le gambe non spingono più come prima, ma tu vai avanti lo stesso, perché ci credi, perché ormai sei dentro, perché mollare non è un’opzione. Ho visto persone fermarsi, altri zoppicare, qualcuno piangere. E poi ho visto sguardi che dicevano “forza, andiamo avanti insieme”. Un sorriso, una smorfia di dolore, una pacca sulla spalla. Non conoscevo nessuno, ma eravamo tutti parte della stessa sfida. Tutti amici, tutti uniti in un unico io. In quel tratto, fatto più di testa che di muscoli, ho riscoperto la parte più vera della corsa: la comunità, la tenacia, il gesto puro, il dare qualcosa senza pretendere nulla in cambio.

Maratona di Parigi 2025

Il traguardo: una linea che cambia tutto

Il pubblico era una marea viva. Battevano le mani all’unisono, creando un ritmo incalzante, quasi tribale, che risuonava dentro il petto più forte del battito del mio cuore. Quel suono diventava una spinta, una voce collettiva che urlava: “Non mollare. Vai fino in fondo.”
Gli ultimi due chilometri? Un’eternità.
Ogni passo era un patto tra la mente e il corpo: “Solo un altro. E poi ancora uno.”
Il dolore ormai era un compagno di viaggio silenzioso, presente in ogni fibra, ma non abbastanza forte da fermarmi. Poi, l’ho visto. Il traguardo.
Una linea in lontananza che non era solo una fine, ma una liberazione.E in quel momento qualcosa dentro di me si è spezzato, o forse si è ricomposto:
ho iniziato a piangere. Correndo. Non erano lacrime per una medaglia o per un tempo. Ma per tutte le volte in cui avevo pensato di non farcela. Per ogni allenamento mancato, ogni dubbio, ogni ostacolo superato. E invece… ero lì. Davvero lì. Fino in fondo.

Una maratona difficile. Ma mia.

Questa Maratona di Parigi 2025 non è stata perfetta.
Non è stata “da manuale”. Ma è stata vera. E mia.
Mi ha insegnato che a volte non servono le condizioni ideali per fare qualcosa di grande. Che si può partire fragili e arrivare forti.
Che anche con mille salite, dentro e fuori, puoi andare avanti, un passo alla volta. E ora, ogni volta che penserò “non ce la faccio”, mi ricorderò di questo:
le gambe erano stanche, ma il cuore no. E alla fine, è stato lui a portarmi al traguardo.

 

Greta Vittori Nata a Milano, Laurea in diritto internazionale. Amo viaggiare, leggere, scrivere e l’Inter. Bionda, Runner, PR per caso, il 1° di Novembre 2015 ho corso la mia prima Maratona e l’ho corsa a New York.

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