I pensieri del maratoneta

I pensieri del maratoneta che si affastellano nei chilometri, quelli della tentazione immancabile di rinunciare, quelli del chi me l'ha fatto fare, quelli delle gambe pesanti e della mente che vede un muro che non ci può essere e quelli della forza di continuare. Tutti quanti per arrivare sempre alla stessa domanda: "Quando inizia la prossima?"
maratoneta

La partenza è sempre un’emozione che ti travolge in un istante. Un brivido che percorre la pelle e si insinua nelle ossa, un mix di adrenalina e aspettativa che ti fa sentire vivo come mai prima. Non è solo il battito del cuore che si accelera, ma una sensazione che ti invade completamente, che ti rende consapevole del momento che stai per vivere. Non è paura, ma un’incredibile voglia di affrontare il viaggio che ti attende. Una promessa fatta a te stesso di spingerti oltre, di percorrere chilometri che ti separano non solo dal traguardo fisico, ma dalla parte più profonda e nascosta di te. Siamo amatori, corridori tra la folla, ma anche eroi di una battaglia silenziosa che si gioca dentro di noi.

Primi passi, prima solitudine

Il primo passo è come una liberazione. Il respiro si adatta alla fatica e la strada si apre davanti, infinite possibilità dentro di te. I muscoli sono ancora freschi, la mente è lucida, eppure ogni passo che fai ti porta un po’ più lontano da quella linea di partenza, verso un luogo che hai deciso di raggiungere. La folla è allegra, vivace, piena di entusiasmo, ma tu ti senti già in solitudine, un solitario esploratore di un territorio che non conosci. L’aria pungente, il suono dei passi che si sovrappongono a quelli degli altri, ma il pensiero non si ferma. Ogni passo ti fa riflettere sulla strategia. “Devo dosare le forze”, ti dici. “Voglio arrivare alla fine. Voglio che il mio corpo e la mia mente collaborino, che il mio respiro sia il mio compagno.” La mente è concentrata, quasi rigida nella sua determinazione, ma la strada è lunga, il percorso sembra immenso, e sai che solo tu puoi scegliere come affrontarlo.

La mente traditrice

Ma presto, la realtà del cammino ti colpisce dritto in faccia. A pochi chilometri dal via, la fatica comincia a insinuarsi nel corpo. I muscoli si fanno più pesanti, ogni passo sembra più difficile del precedente. Il respiro, un po’ più affannoso, ti ricorda che il tuo corpo non è infinito. La mente, che inizialmente era lucida e chiara, inizia a vacillare. Le voci si moltiplicano. “Perché lo sto facendo?” ti chiedi. “Non è troppo tardi per fermarsi? Non sarebbe meglio mollare?” È la mente traditrice che comincia a sussurrare dubbi, a invadere ogni spazio con la tentazione di abbandonare. Ma tu sai che non puoi fermarti. Non ora. Non dopo tutto quello che hai messo in gioco. “Non posso fermarmi”, rispondi a quella voce. “Non sono qui per arrendermi. Sono qui per qualcosa di più grande, qualcosa che non ha a che fare con questa fatica che sento ora.”
La lotta tra corpo e mente diventa più intensa. A volte quella voce sembra così forte, così convincente, che quasi ti sembra di non farcela. Ma c’è qualcosa dentro di te che non può arrendersi. È la tua volontà, che continua a guidarti, anche quando tutto sembra andare contro di te. “Devi andare avanti”, ti ripeti. Ogni passo è una piccola vittoria contro te stesso. La mente e il corpo sono in guerra, ma sei tu a comandare, e nessuna voce potrà mai fermare quel desiderio che ti spinge ad andare oltre.

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L’equilibrio tra sofferenza e piacere

Superato il ventesimo chilometro, il corpo comincia a protestare, il dolore diventa una presenza costante. Ogni passo sembra pesare come un macigno, ogni muscolo urla per la stanchezza, il respiro è un fiume che scorre in salita. Eppure, in quel momento, la mente trova una strana pace. È come se il maratoneta avesse trovato un equilibrio tra la sofferenza e il piacere, un luogo interiore dove il dolore non è più un nemico, ma un alleato. La fatica diventa parte del percorso, una compagna di viaggio con cui impari a convivere, a rispettare.
La strada si fa monotona, ogni angolo sembra identico al precedente, eppure ogni passo fatto è un trionfo. Un trionfo contro la tentazione di fermarsi, contro la stanchezza che ti sovrasta, contro ogni pensiero che ti chiede di mollare. Il corpo è ormai in uno stato di trance, quasi senza pensieri, ogni gesto è automatico, eppure la mente rimane lucida. “Un altro chilometro“, ti dici. “Dai, ce la posso fare. Un altro passo, e sarò più vicino alla meta.”
E sono 30. Tra il trentesimo e il quarantesimo chilometro di una maratona, si sta affrontando il momento cruciale. È qui che il corpo e la mente sono messi a durissima prova, il famoso “muro” che sembra alzarsi ad ogni passo.
Il “muro” è un termine usato per descrivere il momento cruciale e particolarmente difficile che molti corridori sperimentano durante la gara, solitamente tra il 30° e il 35° chilometro. Si tratta di una fase in cui il corpo e la mente del maratoneta raggiungono il loro limite di resistenza, causando una sensazione di stanchezza estrema, una drastica diminuzione di energia e, a volte, anche difficoltà a proseguire. Il “muro” è principalmente legato all’esaurimento delle riserve di glicogeno nei muscoli, che è la principale fonte di energia durante la corsa. 
La fatica si fa sentire, ma è proprio in questo punto che ogni pensiero diventa una sfida. I muscoli urlano, il respiro è affannoso e ogni passo richiede una forza che sembra sempre più difficile da trovare. Ma la mente è il mio alleato più potente: “Non posso fermarmi, devo andare avanti.” Ogni centimetro percorso è una vittoria contro il dolore, un passo verso la versione migliore di me stesso. La determinazione forgiata nei mesi di allenamento è ciò che ti tiene in piedi. In questi momenti, i ricordi scorrono veloci. Ripenso agli allenamenti, alle sfide superate, alle volte in cui ho voluto mollare, ma ho continuato, agli allenamenti non fatti perché il piumone ha avuto la meglio. “Questo è per loro,” penso, ai volti di chi mi ha supportato, a chi credeva in me anche quando io avevo dei dubbi. Ogni ricordo diventa carburante, ogni volto che mi ha incitato mi dà una nuova spinta.
Il tempo si dilata, ma in qualche modo sembra che ogni secondo si sposti più in là. La fatica è il prezzo che paghi per quella sensazione di vivere un’esperienza che ti cambia, che ti trasforma per sempre.

Il traguardo, una liberazione

Finalmente, quando l’arco del traguardo si staglia davanti a te, una nuova energia ti attraversa. Non è solo fisica, ma è un’ondata di emozioni, un fiume che scorre. I pensieri, che fino a quel momento erano frammentati, ora sono chiari, netti. Non importa che sia la fine di una gara, per te è la fine di un viaggio personale, di una vittoria che non ha nulla a che fare con il tempo o la posizione, ma con la tua capacità di andare oltre, di superarti.
L’adrenalina scorre come un fuoco che ti brucia dentro. Ogni respiro è una spinta, ogni battito del cuore un inno alla determinazione. E mentre tagli il traguardo, una sensazione di incredibile gratitudine ti invade. Non è solo un traguardo fisico, è un traguardo mentale, spirituale. “Ce l’ho fatta“, pensi. “Ho superato me stesso.” La soddisfazione è immensa, ma la consapevolezza che il viaggio non finisce qui ti colpisce come un lampo.
E alla fine, non importa quanto tempo hai impiegato, non importa quale posizione hai raggiunto. Ciò che conta è che hai portato a termine la tua battaglia, che hai vinto contro i tuoi limiti, contro il tuo corpo, contro la mente che ti diceva di fermarti. E forse, proprio mentre la tua mente è ancora in festa, un pensiero ti attraversa: “Quando inizia la prossima?” Perché, in fondo, la vera maratona non è quella che finisce, ma quella che continua dentro di te, passo dopo passo, battito dopo battito.

 

Greta Vittori Nata a Milano, Laurea in diritto internazionale. Amo viaggiare, leggere, scrivere e l’Inter. Bionda, Runner, PR per caso, il 1° di Novembre 2015 ho corso la mia prima Maratona e l’ho corsa a New York.

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