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La Spina I-1. Il primo 12 metri S.I. italiano

Una storia di mare, vela e passione. Non c'è altro modo per raccontare la ricerca, il ritrovamento e il restauro ad arte di un gioiello storico della marineria italiana. Una storia pubblicata nel 2015 sul Notiziario del Centro Studi Tradizioni Nautiche della Lega Navale Italiana e che Sportmemory porta a nuova vita.
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La Spina

La storia de La Spina inizia a Genova, nel 1929, quando l’appassionato socio e segretario generale dello Yacht Club Italiano, marchese Franco Spinola, ufficiale della Regia Marina, ordina al Cantiere Baglietto la costruzione di un 12 metri Stazza Internazio­nale con l’intento di inserire l’Italia, protesa allora ad affermare la sua marineria sportiva, nel novero delle grandi nazioni probabili sfidanti alla Coppa America.

La barca

Conforme alla nuova formula internazionale approvata dall’IYRU (International Yacht Racing Union) nel 1919, La Spina nasce dalla geniale matita di Vincenzo Vitto­rio Baglietto (1891-1978), il quale dopo aver consegui­to la laurea a Glasgow in Inghilterra, diviene il progettista dello storico cantiere fondato dal padre Pietro nel 1888.
Lo scafo, dipinto in bianco con una fascia d’oro in campo rosso che evidenzia la linea di galleggiamento – i colori di Casa Spinola – scende in acqua a Varazze il 3 febbraio 1929 essendo andato a vuoto, per le condi­zioni del mare, il varo programmato precedentemente il 28 gennaio. La madrina del varo è la marchesina Pallavicino figlia del vice-presidente del R.Y.C.I.

Il primo evento

Subito dopo il varo La Spina è trasferita nel Porticciolo Duca degli Abruzzi a Genova per partecipare alle manifestazioni per l’inaugurazione della nuova se­de del R.Y.C.I. avvenuta il 17 febbraio 1929 alla pre­senza di S.A.R. il Principe di Piemonte.
Le cronache del tempo definiscono filanti le linee dello scafo e non esitano a pronosticare la barca vincente e performante. Grande risalto è anche dato alle rifiniture interne e alle comodissime sistema­zioni sotto coperta (salone, cabina padronale e cabina ospiti, saletta nautica, cucina, servizi e locale equipaggio).

In cantiere

Dopo una breve e sporadica attività sportiva con la partecipazione a regate in Costa Azzurra ed in Liguria, tutte con po­chi concorrenti, la barca a settembre 1930 ritorna in cantiere per essere tra­sformata in ketch bermudiano con l’istallazione di un secondo albero a poppavia e l’opera viva ricoperta con fa­sciatura di rame: operazione, certa­mente, voluta per rendere la barca più consona per l’uso diportistico preferito dall’armatore che è un appassionato navigatore.

Le proprietà

Nel 1938 avviene il primo passaggio di proprietà della barca: nuovo armatore è il marchese Gian Augusto Salina Amorini che cambia il nome in La Vespa, e trasferisce il porto d’armamento a Santa Margherita Ligure.
Dal 1956 al 1975, invece, la barca con il nome di Corsara risulta di proprietà di Alessandro Bru­netti che la registra nel compartimento marittimo di Savona. Dopo se ne perdono le tracce.

Alla ricerca de La Spina

Sulla spinta del successo conseguito con l’opera­zione di recupero e di restauro del gozzo sorrenti­no Pianosa, dichiarato bene storico dal Ministero dei Beni Culturali grazie all’interessamento del Centro Studi Tradizioni Nautiche della Lega Na­vale Italiana di Napoli, il nuovo armatore non ha avuto esitazioni a lanciarsi in una nuova impresa: la ricerca ed il successivo ripristino del vecchio La Spina del quale si era persa ogni traccia.
Nel 2006, per le solite concomitanze fortuite della vita, la barca viene scoperta in secca, in stato di totale abbandono, a Vilanueva, sulla costa spa­gnola poco a sud di Barcellona. Appare immediatamente, in tutta la sua portata, l’importanza del recupero dello storico cimelio e conclusa la trattativa con il proprietario si orga­nizza il trasporto in Italia via mare.

Il restauro

Con l’ambizioso intento di creare nel Golfo di Na­poli, carico di antiche tradizioni cantieristiche, un polo per il restauro degli scafi d’epoca, viene co­stituita la società Aprea Peninsula Navis: la gestione esecutiva è affidata al mastro d’ascia Ni­no Aprea, giovane discendente dell’omonima stirpe di costruttori sorrentini, e la progettazione ricostruttiva allo Studio Faggioni Yacht Design di La Spezia con a capo Stefano Faggioni, fedele e brillante interprete del restauro nautico.
Lo scafo malandato, ma con ancora evidenti tutti i segni della sua nobile origine, viene portato in un capannone della bicentenaria Maricorderia della Marina Militare a Castellammare di Stabia e così si dà inizio alla complessa operazione di restauro.
Con l’entusiasmo dei giovani, infatti bassissima è l’età media dello staff degli addetti ai lavori, viene recuperato tutto il recuperabile e vengono fedelmente riprodotte le parti da sostituire. Il nuovo albero, cavo internamente, è lungo 28,72 metri.
In una seconda fase, a scafo interamente completato con un trasferimento memorabile che ha visto la barca attraversare nottetempo la città di Castellammare per raggiungere il nuovo capannone della Aprea Peninsula Navis a Torre Annunziata, si è completata l’intera operazione compreso la posa dell’albero ed il suo armamento.

2008. Di nuovo in mare

La mattina del 16 aprile del 2008, dopo due anni di la­vori, nello stabilimento della Aprea Mare sempre a Torre Annunziata La Spina è ritornata in acqua.
Sono passati 80 anni dal varo di Varazze.
Una palpabile emozione mista ad un fiero senso d’orgoglio aleggia tra le maestranze e i presenti mentre il lift drive poggia in acqua la barca.
Emozione e soddisfazione per aver ridato all’Italia, alle sue maestranze, alle sue tradizioni marinare un pezzo importante della sua storia.

 

Paolo Rastrelli napoletano e appassionato cultore della storia della vela agonistica sulla quale conduce incessantemente studi e ricerche. Ha pubblicato diversi volumi e molti articoli per le principali riviste nazionali ed estere. Con Carlo Rolandi ha fondato a Napoli il Centro Studi Tradizioni Nautiche (www.cstn.it) del quale è tutt’ora direttore e curatore della rivista mensile on-line “NOTIZIARO CSTN” esclusivamente di storia e cultura marinaresca.

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