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I Musumeci Greco: storia, scherma e spettacolo – 1

I Musumeci Greco. Arte, disciplina, spettacolo e storia sulla scena della scherma dal 1878 con un racconto generazionale che rappresenta un unicum nella grande tradizione schermistica italiana.
Musumeci Greco

Quando, nel 1878, Gaetano Emanuele dei Marchesi di Villabianca, cedette la sua Accademia di scherma sita in via del Seminario 87 a Salvatore Greco dei Chiaramonte, probabilmente ancora non immaginava a cosa avrebbe dato inizio: la storia di una famiglia che avrebbe portato nel nostro paese una tradizione sportiva incommensurabile, condita con un pizzico di spettacolo, letteralmente parlando. L’Accademia d’Armi Musumeci Greco, a due passi dal Pantheon, non è solo il luogo in cui si allenano alcuni Campioni del Mondo di scherma, ma fra le sue mura racchiude una storia ricca di aneddoti, di personaggi, di eventi che continua ancora oggi, dopo più di 140 anni. Ma cominciamo dall’inizio.

Il siciliano Salvatore, laureato in chimica all’Università di Catania, era quello che oggi noi chiameremmo un rivoluzionario. Uomo di mente e di azione, eroe garibaldino, la sua nomea era quella di personaggio carismatico, nonché intrepido combattente: fu proprio Salvatore, a capo dei picciotti da lui istruiti all’arma bianca, a mettere in fuga il Maresciallo Clery e il suo esercito di Borboni nella battaglia di Catania del 31 maggio 1860.
E, andando avanti di qualche anno, a proposito dei Borboni…
Sono i primi del ‘900, e Fanny Greco, la nipote di Salvatore, si innamora, ricambiata, del Principe Carlo Maria Ferdinando di Borbone delle Due Sicilie. Sì, effettivamente ne era passata di acqua sotto ai ponti dalla battaglia catanese di cui sopra, ma possiamo immaginare che non sia stato facile, per il nonno di Fanny, accettare quell’unione voluta da un destino che probabilmente lui stesso avrà definito beffardo. All’epoca, però, era forse non così diffuso che ci si sposasse per amore, soprattutto se uno dei due interessati era di alto rango e l’altro solo ricco, dunque la storia di Fanny e di Carlo un po’ ci rallegra, e anzi: ci fa pensare che, forse, abbia sanato un’antica ferita, e che, dopo vivaci proteste, abbia rallegrato anche lo stesso nonno Salvatore.
Dalla loro unione nascerà poi una figlia, Isabella, oggi un’anziana e bella principessa che vive in Sudamerica, e che racconta la sua storia con un pizzico di ironia, il che non guasta mai.
Ma tornando a noi.

Avendo preso possesso dell’Accademia del Pantheon, è proprio Salvatore Greco a essere considerato il capostipite della famiglia di schermidori di cui stiamo raccontando la storia, colui che fece arrivare l’Arte della Scherma nel cuore della Capitale.
Come accadeva spesso un tempo (e talvolta anche oggi), per portare avanti la tradizione e il retaggio famigliare i due figli di Salvatore, Agesilao e Aurelio, ben presto presero le redini dell’Accademia di scherma. E se il padre aveva trovato il proprio posto nella storia eroica dell’Italia, i figli si innestarono in quella accademica, aprendo la strada anche all’ingresso della famiglia nel mondo dello spettacolo, e in particolare della Settima Arte. Ma procediamo con ordine.
Per quanto riguarda Aurelio, la sua abilità con la spada, oltre a diventare teoria nel trattato del 1907 La Spada e la sua applicazione, lo rese celebre soprattutto per quello che viene ricordato nella storia come il Duello del Secolo: una storia che, a raccontarla oggi, sembra quasi la trama di un film!

Il duello del secolo

Negli anni ’20 i protagonisti di questa vicenda, Aurelio Greco e Candido Sassone, erano entrambi due stelle della Scherma: il secondo soprattutto in Italia, il primo anche in tutto il mondo. Fu così che un giorno Aurelio Greco si domandò come sarebbe stato misurarsi con il suo collega, perciò decise di proporgli un duello amichevole: Greco non voleva sfidarlo a singolar tenzone, né contestargli il titolo di Campione Italiano, riconoscendogli, al contrario, che quel titolo gli spettava, almeno burocraticamente. Da quella che ad Aurelio sembrava, forse ingenuamente, solo una proposta sportiva, nacque una vera e propria polemica. Sassone infatti accettò di confrontarsi con Aurelio, ma alle sue condizioni: voleva essere lui a dettare le regole. Inizialmente propose una soluzione definita inaccettabile da Greco: un solo match da 30 stoccate, con 4 giorni di tempo per organizzare la prova. Greco, che non era d’accordo, lasciò dunque cadere la sfida in un nulla di fatto.
Successivamente però Sassone tornò sull’argomento, comunicando all’avversario di volersi battere con lui, ma di fronte all’idea di Greco di far svolgere la sfida in 30 stoccate totali, divise in tre match da 10 stoccate l’uno, Sassone si impuntò di voler invece gareggiare con un totale di 60 stoccate in tre match, oppure addirittura un solo match da 20 stoccate.

Quelli che a noi oggi sembrano dettagli quasi trascurabili, all’epoca erano invece considerati molto importanti, soprattutto per la fama che circondava ognuno dei due campioni. Nel frattempo, però, erano passati sei mesi: Greco era letteralmente esasperato, e, di fronte al protrarsi della questione, aveva dunque dichiarato che per sentimento di dignità personale non sarebbe più tornato sulla questione, se le trattative che avevano stancato tutti non si sarebbero risolte con un accordo fra le due parti. In sostanza, Greco stava dando un ultimatum al suo avversario: o decidiamo, oppure ogni lasciata è persa. Anche in quel caso però si arrivò a un nulla di fatto, e quindi la questione, almeno da parte di Greco, si poteva considerare chiusa.
Fu a quel punto che però Sassone si comportò in modo tale da indispettire Greco: non intendendo rinunciare alla sfida, ma volendo comunque asserire la propria autorità, comunicò, a mezzo stampa (che nel frattempo si era interessata alla diatriba: dovete considerare che Greco e Sassone avevano la fama che oggi avrebbero due calciatori), che avrebbe voluto riprendere le trattative con lo schermidore siciliano. Aurelio Greco, uomo dal forte orgoglio, prese quell’affermazione come un affronto alla sua dignità, e convocò i padrini per un vero e proprio duello.

L’opinione pubblica si infiammò: la stampa non aspettava altro.
Il Duello del Secolo era in procinto di accadere, e il 1922 sarebbe stato un anno indimenticabile, per il mondo della Scherma: rappresenta infatti ancora oggi l’anno in cui si è svolto ultimo vero duello, propriamente detto. Inoltre, solo poche settimane dopo l’ottobre del 1922 sarebbe entrato nella storia d’Italia per un altro evento, un capitolo molto più triste: quello della Marcia su Roma a opera del Partito Nazionale Fascista.
Tuttavia nella Capitale, in quell’atmosfera di eccitazione, nessuno badava ancora alle camicie nere. Infatti, come accadrebbe oggi per una star del cinema, la casa di Aurelio Greco in via del Seminario, nei giorni precedenti al match, veniva quotidianamente presa d’assalto da giornalisti, fotografi, ammiratori e semplici curiosi, mentre l’attesa generale si faceva sempre più spasmodica.
Il giorno del duello, pensate, l’automobile dei due contendenti era seguita da altre 20 macchine, riempite da personalità del mondo schermistico che volevano assistere alla sfida, fotografi che volevano immortalare i contendenti, cinematografari che volevano riprendere le stoccate e, naturalmente, una pletora di giornalisti assetati di notizie.

Aurelio Greco, Candido Sassone e il loro pubblico arrivano a Colonna, nella Villa dei Duchi di Gallese, alle 14,00 in punto.
Alle 14,45 del 7 ottobre 1922, l’avvocato Ulrico Arnaldi, direttore dello scontro, pronunciò il fatidico A voi!, dando ufficialmente inizio allo scontro.
Se fino a poco fa i duellanti non si erano quasi degnati di uno sguardo, ognuno preso com’era dalla concentrazione in vista dello scontro, ognuno chiuso nella propria gabbia mentale, all’avvio del duello la tensione si scarica tutta insieme nei violenti colpi di Sassone, deciso come non mai a battere il suo avversario. Stoccata dopo stoccata, l’emozionante sfida è ormai al settimo assalto, fra cambi di lama, attacchi e pause per disinfettare le spade. A quanto pare Sassone opta per una tattica offensiva, mentre Greco, più prudente, punta sulla difesa, cercando di sfruttare il più possibile il contrattacco. E sarà proprio la pazienza dimostrata dal Maestro Greco che lo porterà alla vittoria.

Musumeci Greco

La Treccani definisce la cavazione, in termini schermistici, come azione tendente a svincolare il proprio ferro da un legamento dell’avversario, mediante un movimento elicoidale effettuato dal solo pugno.
E la fulminea cavazione, come sarà definita dalle cronache dell’epoca, di Aurelio Greco nei confronti di Candido Sassone è la stoccata che ferisce il braccio dell’avversario, e pone fine al duello.
Greco ha vinto, non ci sono dubbi, e la sua superiorità nei confronti del suo opponente è riconosciuta da tutti come assoluta.

Se la sfida fra Sassone e Greco fosse stato un film hollywoodiano, forse i due si sarebbero accasciati in modo teatrale a terra fendente dopo fendente, morendo ognuno per le ferite riportate dall’altro; o magari sarebbe diventata il suggello di un’eterna amicizia. Nel mondo reale, però, spesso le cose sono più semplici: il duello fra Candido Sassone e Aurelio Greco finirà con quella ferita all’avambraccio, e i due avversari non si riconcilieranno mai più.
Per arrivare al cinema, però, non c’è bisogno di aspettare poi così tanto.

Il colpo segreto di Agesilao Greco

La sola vita di Agesilao Greco, fratello di Aurelio e spadaccino di fama mondiale, sarebbe già di per sé una sorta di film emozionante, tanto è ricca di aneddoti e racconti spettacolari, come quando, in età avanzata, disarmò un vetturino impertinente, o come quando, in occasione di un incontro di scherma organizzato in un prestigioso club schermistico a Vienna, Agesilao rese omaggio all’ambasciatore italiano in un modo più unico che raro.
Se, infatti, seduti in quella sala per presenziare all’incontro c’erano personalità assolutamente eminenti, l’élite internazionale dell’epoca, non tutti erano all’altezza dell’eleganza e delle maniere richieste in un simile contesto. Durante il cerimoniale di saluti che precede l’incontro di scherma, infatti, l’avversario di Agesilao, il belga Verbrugge, dimenticò di omaggiare l’ambasciatore italiano Costantino Nigra. Agesilao, al quale il gesto poco educato non era sfuggito, non si scompose: non sfidò il belga a duello, non fece scenate né gli fece notare sottovoce la sua insolenza. Si limitò a mettersi in guardia, pronto a cominciare l’incontro di scherma.
Agesilao, campione imbattuto di spada, esperto schermidore e abile spadaccino, aveva in mente un piano molto più raffinato e incredibilmente più spettacolare, per rimediare al torto subito dall’ambasciatore, e, al contempo, per dimostrare la sua incredibile destrezza con le armi bianche. In possesso infatti di un cosiddetto colpo segreto tramite il quale era in grado di disarmare qualsiasi avversario, Greco avrebbe fatto sì che quell’indimenticabile giorno di fine ‘800 sarebbe stato ricordato dalla storia come il giorno in cui l’Arte della Scherma poteva essere messa al servizio della diplomazia.
Certo, a patto che ci si chiamasse Agesilao Greco.
E che si sapesse disarmare l’avversario in modo da far cadere l’arma in un punto preciso della sala.
Nel caso di Verbrugge, il punto in cui era atterrata la sua spada era, secondo un’illustrazione dell’epoca, alla sua destra, ai piedi dell’Ambasciatore Nigra.

Musumeci Greco

Lo spadaccino belga, dunque, per continuare la sfida fu costretto a riprendersi l’arma, e dunque a inginocchiarsi proprio davanti all’italiano. Ma la lezione di galateo di Agesilao non era ancora finita, perché, non appena il suo avversario aveva ripreso in mano la spada, lui l’aveva nuovamente disarmato, indirizzando per la seconda volta la spada ai piedi di Nigra. Per due volte consecutive, quindi, Verbrugge aveva dovuto inchinarsi all’ambasciatore: un inchino per scusarsi della prima offesa, e un altro per ribadirne il concetto.
Dalle cronache dell’epoca non ci è dato sapere se il belga avesse colto il messaggio non tanto subliminale di Agesilao; ciò che sappiamo con certezza è che Agesilao vinse l’incontro, e ricevette i complimenti di un commosso Nigra, il quale invece aveva capito perfettamente le sue intenzioni: Siete stato crudele, ma vi ringrazio, pare abbia detto l’ambasciatore ad Agesilao.
Questa sì che sarebbe stata la premessa per una magnifica amicizia.

continua

 

Domenico ed Enzo Musumeci Greco fanno parte della V generazione di Schermidori della famiglia, pluricampioni Italiani di Fioretto e Sciabola Maschile. Domenico, laureato in Scienze Motorie e Igiene Dentale, oltre alla professione insegna Scherma in Accademia, mentre Enzo, che ha partecipato per due volte a ricostruzioni storiche inserite nel programma Ulisse - Il piacere della scoperta di Alberto Angela, è anche regista cinematografico e televisivo.

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