Ascot Park non è il posto più bello della California.
Diamine, non lo è neanche lontanamente. Se si pensa a quella distesa d’asfalto le prime parole che possono venire in mente sono “sporco” o “fangoso”. Il 3 febbraio 1918, però, qualcosa cambia.
Quel giorno il Los Angeles Time descrive Ascot Park come “una specie d’ippodromo dove signore, signori e bambini si sono divertiti a dismisura”.
Ma cosa è successo quindi per trasformare una sgraziata distesa grigia in un luogo dove a pleasant time was had by all?
Le Speederettes sono successe, ecco cosa.
Nina Vitagliano è una di loro.
Il sogno delle Speederettes
Sono gli anni della Prima Guerra Mondiale. Nell’Europa devastata le gare automobilistiche sono sospese, non vi è tempo per i divertimenti, ma in America continuano.
C’è un dettaglio non da poco, però.
Le competizioni non sono aperte a tutti: piloti donna, infatti, non si siedono dietro il volante dal 1909, l’anno in cui furono bandite da gare ufficiali e autorizzate solo a partecipare a giri di prova. Solo perché in quel caso erano le uniche macchine in pista.
Ma i motori sono il futuro e sono tante le donne che il volante non lo lasciano andare.
Guidano, si fanno vedere per le strade, sembra che a volte partecipino anche sotto mentite spoglie alle gare che le sono proibite.
Nel 1918 i tempi sono quasi maturi, ma la guida femminile è ancora vista più come uno spettacolo, un’attrazione più che una competizione.
Ad Ascot Park accade proprio questo.
Nel programma di una sorta di fiera di paese viene annunciata una gara, o meglio un “Carnival of Femininity”, un grande ritrovo, una sorta di spettacolo speciale per grandi e piccoli che potranno assistere a qualcosa mai visto prima: donne al volante che si sfidano nel gioco della velocità.
Le poche iscritte ancora non lo sanno, ma passeranno alla storia come The Speederettes.
3 febbraio 1918
Il 3 febbraio, nel campo sterrato di Ascot Park, ragazze che non vogliono rimanere una vita a bordo pista sono pronte a sfidarsi.
Tutte giovani, tutte pronte ad aggredire il futuro, a vederle sono accorsi in circa 10.000.
Lo spettacolo, se non grande, promette di essere divertente.
I loro nomi compaiono sui grandi poster all’ingresso della pista: Ruth Weightman, diciottenne cugina del più famoso Bill, pilota lui stesso, Bertie Priest, Rose Harmon, Mrs Wolfelt, tutte ragazze con la passione per le auto tramandategli in famiglia. E poi, sempre come attrazioni per il pubblico, Bebe Daniels, Anita King, entrambe famose per girare i propri stunt sui set dei film, e Ora Carew, attrice e cantante, ma anche pioniera del paracadutismo.
In questo grande caleidoscopio di personalità eclettiche appare e scompare quasi come se volesse mimetizzarsi, un viso timido incorniciato da folti capelli scuri: è Nina Vitagliano.
Sappiamo poco di lei. È figlia di emigrati italiani, dovrebbe essere nata nel 1890, per alcuni a Genova, per altri a Los Angeles. È sposata con Stephen Torre, un agente marittimo di Los Angeles piuttosto noto; upper class, quindi.
In effetti, però, l’unica cosa certa di lei che sappiamo, sarà un’altra.
Nina e le quattro ruote
Nina Vitagliano. è di carattere libero, le piace guidare, le piace correre e vorrebbe anche imparare a volare, al punto che quando scopre che la sua avversaria Ruth Wightman ha il brevetto di volo soffoca a stento un grido di eccitazione.
Pensa anche all’Italia che le appartiene, però: Nina, figlia di un ufficiale dell’esercito, vorrebbe rendersi utile e guidare le ambulanze al fronte.
Ma al di là dei desideri, la vita di Nina è in California e anche se qui ha fatto i conti da subito con i pregiudizi nei confronti di un’emigrata italiana, oggi è una giornata diversa.
Oggi sarà in gara davanti a diecimila persone ed è pronta a sfidare tutti: piloti, macchine e pregiudizi.
Il sabato alle gare di qualificazione si fa notare per grinta e carattere, sfida con successo Rose Harmon e Ruth Weightman.
Il giorno dopo, stranamente, il nome di Nina non compare tra le pilote in corsa per quella che viene presentata come la grande gara. Il suo nome non viene menzionato neanche in nessuno degli articoli riguardanti l’evento. Il mistero sulla sua partecipazione o meno, rimane in qualche modo insoluto.
A vincere sarà Mrs Wolfeld (di lei si sa solo che è la moglie del proprietario di un negozio di scarpe) che riceve il Katharine Stinson Trophy, premio che le viene consegnato direttamente dall’aviatrice – al tempo una vera star – atterrata al centro della pista con il suo aeroplano.
Donne in pista
L’evento di Ascot Park è stato un successo.
Lo stupore nel vedere donne normali, talmente normali da poterle incontrare mentre si va a comprare il giornale della mattina, trasformarsi in moderne amazzoni è adrenalina per il pubblico.
E anche tra loro, tra le pilote, prende corpo una complicità inaspettata. È la stessa Ruth a sussurrare a Nina “…ancora non mi sembra vero” quando entrano per la prima volta nella pista agghindata a festa. Non importa se poco dopo la stampa le dipingerà come acerrime rivali, ora è solo il momento di ricordarsi che dietro gli occhialoni sono tutte ragazze che si sono sentite troppe volte dire “Qui tu non ci puoi stare”.
Ed ecco che subito è Speederettes mania.
A fine gara distinte signore accorrono a bordo pista per salutare queste pioniere dell’automobilismo, vogliono toccarle, sentirsi un po’ come loro quando gli stringono le mani senza curarsi se sporcano i loro guanti migliori. Sì, perché correre nel 1918 non è una passeggiata. Le nostre ragazze sono coperte di polvere, di olio e di fumo rappreso, ma nessuna di loro ci pensa, nessuna si sente brutta, sono solo così tanto, troppo felici da non aver bisogno di altro.
Nina Vitagliano osserva la scena e avverte una clandestina gioia farsi spazio dentro di lei: se solo tutta Little Italy fosse qua per vederla, per torcersi le mani nell’osservare il suo successo e realizzare quanto l’odore del grasso dei motori sia il miglior profumo che una giovane donna possa mai volere.
Ascot Park, improvvisamente, le sembra una reggia più bella di Versailles.
Second time is the charm
Mentre il sole tramonta e lentamente la folla sciama dalla pista, un uomo distinto si avvicina alle Speederettes: è Omar Toft, promoter dell’evento e pilota egli stesso.
È entusiasta per il successo, vuole ripetere l’evento e vuole puntare in alto; ora vuole un vero e proprio World Championship per pilote.
Le prime ad accettare sono Ruth Weightman e Nina Vitagliano, convinte anche dalla promessa di una partecipazione di Joan Newton Cuneo, ultima pilota a gareggiare prima dell’esclusione ufficiale delle donne dalle gare nel 1909.
Passerà meno di un mese.
3 marzo 1918
Il 3 marzo a Stockton Park è una giornata di sole e gli spalti sono gremiti di gente.
Quando Nina Vitagliano arriva si rende conto che Omar Toft non scherzava nel dire “vi darò una gara vera, come quelle che fanno in Italia”.
Ad aspettare le Speederettes infatti non ci sono le macchine che sono abituate a guidare; davanti a loro ci sono vere e fiammanti auto da corsa.
Nina Vitagliano ottiene la famosa Stutz numero 8 di Earl Cooper (pilota di punta della casa automobilistica) mentre Ruth Weightman si trova a guidare la Mercer con cui Eddie Pullen è arrivato secondo alla National Championship del 1914.
Quando le auto compaiono in pista gran parte della folla rumoreggia di stupore: sono le vere auto da corsa usate dai campioni? Oppure hanno subito modifiche per permetter anche a quelle principianti, non abituate a quei mostri scattanti, di poter guidare?
Nessuno ne è sicuro.
Omar Toft prima del fischio d’inizio raduna le sue amate Speederettes per un ultimo, decisivo e accorato consiglio: “…siate attente, soprattutto quando affrontate le curve”. Così dice a tutte.
Nina annuisce, ma l’impazienza la morde con forza.
Inseguendo il sogno
La prima gara in programma è un giro singolo che Nina Vitagliano vince senza difficoltà.
È sicura di sé e la Stutz si rivela essere una macchina splendida, anche se non facile da manovrare.
Finita la prima gara, Nina aspetta il suo turno per la prossima, cinque giri di circuito.
È seduta a bordo pista quando, nella folla, qualcuno la chiama a gran voce. Si volta e riconosce pochi spalti dietro a lei i genitori.
Il padre indossa il cappello buono e la madre si guarda intorno preoccupata, con gli occhi scuri come i suoi che saettano da una parte all’altra di Stockton.
Nina risponde con la mano li saluta e crede di sentire il padre urlare qualcosa simile a “Ti prego fai attenzione”.
Sorride Nina perché in quelle parole legge tutto l’amore di un genitore che, forse, non riesce neanche a comprendere fino in fondo perché la figlia si trovi lì.
Nina si commuove e fa appena in tempo a lanciare un bacio nella loro direzione prima di essere chiamata sui blocchi di partenza.
Okay, andiamo!
La Stutz l’aspetta con l’8 panciuto che spicca sulla fiancata, Nina sale a bordo e vicino a sé trova il fedele meccanico Bob Currie che nuovamente le ripete le misure per poter mettere in moto.
“Okay, andiamo”, Nina si ripete mentre il giudice di gara fa il conto alla rovescia.
3, 2, 1… Speederettes partite!
Un rombo infernale avvolge le macchine e Ruth Weightman subito si trova in prima posizione.
Nina si morde un labbro e si lancia all’inseguimento.
“Attenzione, dovete fare attenzione!” così aveva detto a tutte Omar Toft poco prima, ma la sua voce adesso è meno di uno sbiadito ricordo.
Nina nel vento
Nina è una creatura di velocità, è giovane e sa che nessuno le pettina bene i capelli quanto il vento.
Ruth rimane sempre lontana, ma lei non demorde.
Ecco che si presenta l’occasione: una curva stretta che sicuramente costringerà la Weightman a rallentare.
Nina dovrebbe fare lo stesso ma la promessa di un’altra vittoria la rende spericolata e il piede spinge forte sull’acceleratore: è lì che vuole passare.
“Piano, vai piano!”, le grida il meccanico ma Nina non ascolta.
Corre, corre… corre fino a quando non resta che silenzio.
Oppure è un grido così forte da spaccare i timpani?
L’ultima curva
La macchina è troppo veloce, non riesce a girare, va dritta, distrugge la recinzione della pista e finisce nel fossato che circonda quella parte di circuito.
La Stutz diventa un meteorite, un insieme di fuoco e fiamme che porta distruzione con sé, rivendicando nella sua corsa la vita di Nina, di Bob Currie, che morirà due giorni dopo, e di uno spettatore, tal Mazzera, che morirà dopo quattro giorni. Altri due spettatori feriti se la caveranno. Quando la macchina si ferma, tutto Stockton Park è percorso da un brivido di silenzio e paura.
Ruth Weightman ferma la macchina e tenta di avvicinarsi per prestare aiuto, ma il suo meccanico la ferma, tirandola per un braccio. Non si può più fare niente.
Una pilota da corsa
Nina Vitagliano è morta, corrosa da quel mondo in cui si era appena affacciata.
La sua è la morte di una pilota da corsa, non solo quella di una donna al volante. Questo deve essere chiaro.
Quando tirano fuori la macchina dal fossato si vede una ruota praticamente esplosa; probabile che sia stato questo il motivo dell’incidente, ma nessuno sembra troppo preoccupato di trovare un vero colpevole.
I genitori di Nina rimangono fermi sugli spalti ad abbracciarsi, immobili nel vedere sparire nel fumo il sogno di una vita.
The show must go on
La pista viene sistemata, un presentatore tenta di convincere il pubblico a rimanere per un’altra gara, ma la gran parte dei presenti abbandona i propri posti.
Doveva essere una grande festa, non lo può più essere.
Il giorno dopo i giornali non perdono tempo nel dichiarare la fine delle Speederettes e anche della possibilità di ammettere nuovamente la partecipazione femminile a gare automobilistiche.
Il volto di Nina Vitagliano diventa quello di una martire, una giovane che non sapeva bene a cosa stesse andando incontro, divorata da un mondo che non le apparteneva.
Non è così
Ruth Weightman e le altre rilasciano interviste per raccontare la loro versione dei fatti e cercano di far comprendere la vera passione che animava Nina e che anima tutte loro.
Purtroppo, almeno per il momento, il messaggio sembra non passare e l’incidente in qualche modo rallenta la corsa vera, quella dell’ammissione delle donne alle gare automobilistiche.
Nonostante questo, qualche anno dopo, altri incontri automobilistici solo femminili si terranno in tutti gli Stati Uniti, e saranno in molti a ricordare a gran voce quelle prime e coraggiose donna da corsa.
Per qualche anno la storia di Nina Vitagliano continua a girare per le tante Little Italy e il suo viso farà capolino dai ritagli di giornale incorniciati dietro i banconi dei negozi.
Poi il tempo farà il suo corso.
Una storia da ricordare
Nonostante il grande impegno delle Speederettes, le donne continueranno ad essere bandite da competizioni ufficiali e nessuna di loro vedrà mai i propri sforzi ripagati.
Ci vorrà del tempo, tanto tempo, prima che il divieto dell’American Automobile Association venga rimosso.
Rimane in questa storia, drammatica e carica di rimorso, l’esempio di donne pronte a tutto pur di affermare il diritto di inseguire una passione e di poterla realizzare.
Solo per uomini o solo per donne sono etichette buone soltanto per indirizzare le persone ai bagni dei ristoranti o degli uffici.
Se non ci credete, provatelo a chiedere a Nina Vitagliano.