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Le ginnaste di Pavia. Amsterdam 1928

Amsterdam 1928. Nelle Olimpiadi che segnano la prima partecipazione femminile alle gare di atletica, il 10 agosto 12 ragazze poco più che bambine vincono l'argento per la ginnastica artistica a squadre e diventano leggenda dello sport. Sono le ginnaste di Pavia e questa è la loro storia.
ginnaste di pavia

Amsterdam 1928

Il movimento sportivo femminile animato da Alice Milliat ottiene un importante risultato: il Comitato Olimpico ammette la partecipazione femminile alle gare di atletica della IX Olimpiade.
Un grande passo in avanti considerando che, emulo oltre misura dello spirito greco delle origini, de Coubertin riteneva lo sport femminile la cosa più antiestetica che gli occhi umani potessero contemplare.

Olimpiade Amsterdam 1928278 atlete iscritte lo smentiranno.
In particolare lo smentiranno dodici ragazze italiane e qualcuna di loro è poco più che una bambina.
Sono le ginnaste di Pavia.
Questa è la loro storia.

La ginnastica eroica

Forte della sua tradizione ellenica, nel corso dell’800 l’arte ginnica trova una forte spinta culturale nel mondo nord europeo.
Nel 1869, quando viene istituita la Federazione Ginnastica, in Italia le società ginniche sono sei; in Germania sono duemila e noi, per averne appena duecento, dovremo arrivare al 1906.

Forte è la saldatura che a cavallo dei due secoli si registra tra la pratica ginnica – definizione ampia che comprendeva anche discipline come la scherma, il tiro a segno, la voga e l’allora rivoluzionario velocipede – e un concetto di abilità fisica intesa come raffigurazione plastica ed estetica di ardimento e coraggio.

Qualità queste che, al tempo, trovavano specifica collocazione in un sentimento patriottico comune a tutti i sistemi politici – democratici, monarchici o autoritari che fossero – e che, alle soglie del primo conflitto mondiale, alimenterà interventismo e arditismo sui fronti contrapposti.

Sentimento, quello ginnastico-patriottico, che trova ampia eco anche nella denominazione stessa di moltissime società ginniche, proprio come alcune di quelle che stiamo per vedere, ma al quale si affiancherà  un filone che privilegerà invece un’interpretazione laica dell’attività ginnica, più attenta al solo aspetto fisico e salutistico, destinato a prevalere nel corso del 900.

Milano 1928.

Campo della Società Ginnastica Milanese Forza e Coraggio, la più antica della città, fondata nel 1870.
Domenica 17 giugno un bel sole estivo accoglie le atlete di altre quattro società ginniche – Ginnastica Pavese, Ginnastica Torino, Forza e Costanza Brescia e US Sestri Ponente – invitate dal Coni alle selezione delle atlete che dovranno comporre la squadra olimpica italiana.
La partecipazione femminile alle Olimpiadi è stata annunciata da poco, bisogna fare tutto abbastanza di corsa.

Ecco quelle della Pavia, che il diavolo se le porti via
Fortissime e temutissime, così venivano accolte sui campi di gara le ragazze della Ginnastica Pavese.

Gino Grevi, da buon professore di Educazione Fisica aveva lavorato duro e aveva selezionato le ragazze andandole a cercare nelle scuole della città perché lui voleva le migliori.
Lui cercava talento, entusiasmo e coraggio perché la ginnastica artistica disegna nuovi equilibri nello spazio e senza coraggio è impossibile farlo, e cercava ragazze molto giovani, poco più che bambine, adolescenti con un fisico che avrebbe potuto rispondere al meglio agli allenamenti
Alla fine, le aveva trovate.

Il 17 giugno non ci fu storia, la Ginnastica Pavese arrivò prima.
Le Olimpiadi erano loro e adesso le ragazze della Ginnastica Pavese erano la Nazionale italiana di ginnastica.
Mancavano pochi giorni alla partenza.
Sarebbero state giornate intense.

Il segreto di Gino Grevi

Poco più che bambine, lo abbiamo detto. Dodici per l’esattezza.
Luigina Giaviotti, detta Popolo perché abitava nelle case popolari, con i suoi undici anni e 300 giorni era la più giovane della squadra e, ancora oggi, la più giovane atleta olimpica medagliata.
Lavinia Gianoni era la più grande, con 17 anni e mezzo.
Carla Marangoni, fortissima e in alcune fonti indicata come capitana della squadra, avrebbe compiuto 13 anni a novembre.
Nessuna delle dodici poteva immaginare che avrebbero scritto una pagina di storia olimpica.

Sono giornate intese, lo abbiamo detto, ci si allena più volte al giorno.
Gino Grevi ha un’intuizione geniale; intorno alle ragazze vuole unire tutta la città.
Decide di inserire nel programma di allenamento, oltre alla palestra e al “ritiro” a Pallanza ospiti nella villa dei Rovelli di Montobbio, alcune sessioni di allenamento all’aperto.

Se potessero parlare, le mura del Castello Visconteo di Pavia potrebbero raccontare di grandi battaglie, di imperatori e di capitani di ventura, di mercanti e di contadini, ma una cosa è certa: una bellezza come quella delle dodici ragazze che si allenano nei giardini, le mura non l’avevano mai vista.
E non l’avevano mai vista neanche i pavesi che incuriositi si avvicinano, si assiepano, incantati rimangono a bocca aperta e sorridono, si commuovono e alla fine applaudono a quelle bambine che, in quel momento, sono figlie di tutti.

Il segreto di Gino Grevi è svelato: è una città intera che si allena per le Olimpiadi.
Ragazze ed allenatore diventano una comunità ideale, affettiva e determinata.
Oggi parleremmo di team, ma sarebbe sbagliato, perché loro erano diventati una grande famiglia.
Maria Bisi è la custode della palestra, partirà anche lei per Amsterdam perché con le ragazze ci vuole anche uno sguardo da donna.
Per tutte Maria Bisi diventa  Mamma Maria  e certamente non è un caso.

Verso Amsterdam

Le Olimpiadi iniziano il 28 luglio e l’Italia ad Amsterdam ci andrà in nave.
Il 4 luglio, 164 atleti e relativi allenatori, tecnici e accompagnatori si imbarcano a Genova sul piroscafo postale Selunto.
Gli italiani vivranno a bordo anche una volta attraccati e il Selunto, in pratica, per i circa due mesi tra andata, Olimpiadi e ritorno, sarà una sorta di Casa Italia galleggiante.

Probabile che non debba essere stato proprio un viaggio all’insegna della comodità, ma alle Olimpiadi si va in qualunque modo, come insegna Carlo Airoldi che nel 1896 andò a piedi da Milano ad Atene per iscriversi alla prima Olimpiade dalla quale, invece, sarà ingiustamente escluso.
In ogni caso deve essere stato entusiasmante per le nostre ragazze di Pavia scoprire il mondo andando alle Olimpiadi in piroscafo.

Tra viaggio, allenamenti sulla tolda del Selunto, prima, e sulla banchina del porto di Amsterdam, poi, il tempo vola e si arriva ai giorni di gara.

 

La gara

ginnaste di Pavia
(Da sinistra: Gino Grevi, Gina Perversi, Diana Pissavini, Germana Malabarba, Iole Vercesi, Carla Tronconi, Virginia Giorgi, Rita Vittadini, Luisa Tansini, Bianca Ambrosetti, Lavinia Gianan. Photo Credit Ginnastica Pavese)

L’8 agosto la prima squadra femminile italiana a partecipare ad un’Olimpiade scende in campo per il concorso di ginnastica a squadre.
Le Piccole Italiane devono competere con atlete olandesi, inglesi, ungheresi e francesi, tutte più grandi e fisicamente più strutturate, non sarà facile ma loro sono le ginnaste di Pavia e non temono nessuno.

Maglia azzurra, pantaloncini bianchi, capelli raccolti con un nastrino in testa che è già corona, bambine e aggraziate come sono, conquistano il pubblico che dagli spalti dello Stadio Olimpico le applaude a lungo.
Nelle giornate di gara le nostre non mollano un attimo e con pari piglio e grinta fronteggiano emozione e avversarie.

Dopo la prima prova a Corpo Libero sono terze dietro alle ungheresi e alle olandesi.
La seconda prova, quella degli Esercizi agli Attrezzi, è eccezionale; le nostre guadagnano il punteggio di 102,00. Le ungheresi  falliscono completamente e loro passano al secondo posto.
L’appuntamento con il destino è per il 10 agosto e le azzurre non lo mancano.
Nei circa 10 minuti di prova del Volteggio al Cavallo alle nostre atlete bambine non mancano coraggio ed equilibrio e mentre il pubblico rimane in silenzio, loro finiscono di conquistare i giudici e concludono con il punteggio complessivo di 289 punti.

È un successo strepitoso.
Contro ogni pronostico le ginnaste di Pavia vincono una medaglia d’argento storica, unica nella specialità sino al recente successo di Vanessa Ferrari, argento per il corpo libero a Tokyo 2020.

ginnaste di Pavia
(La premiazione. Photo Credit: Gazzetta.it)

Il ritorno a casa

L’Italia intera le aspetta, Mussolini le riceve, si esibiscono al teatro Lirico di Milano salutate da un grande pubblico, ma la loro casa è Pavia e la città che aveva partecipato coralmente ai loro allenamenti le accoglie in un tripudio di festa.
A riconoscimento fattivo della loro impresa, il CONI conferisce alle ginnaste di Pavia 2.300 lire di premio complessivo – il Totocalcio è ancora di là da venire e il finanziamento delle spedizioni olimpiche è sempre un problema non da poco -, mentre il Comune di Pavia intesterà a ciascuna di loro un libretto postale di 100 lire.

Passati i festeggiamenti la vita torna a bussare alla porta, ognuna rientra nei ritmi ordinari dell’età, lo studio prima di tutto.

Bianca Ambrosetti lo farà per poco perché appena un anno dopo se la porterà via la tubercolosi, malattia non ancora debellata e che sarà oggetto della prima campagna di prevenzione e salute pubblica dell’Italia moderna.
Carla Marangoni seguirà ancora per qualche anno la ginnastica continuando a gareggiare sia in Italia che all’estero, ma soprattutto, nei suoi 102 anni di vita, dell’impresa di Amsterdam sarà la memoria storica sino al 2018.

L’onore al merito passa anche per i nomi

A memoria di ognuna delle ginnaste di Pavia ecco i loro nomi, volutamente affiancati dal solo anno di nascita.
Le ragazze dell’impresa di Amsterdam sono nella storia dello sport e la storia ha una data d’inizio, ma fino a quando sarà raccontata non sarà scritta quella di fine.
Bianca Ambrosetti (1914), Lavinia Gianani (1911), Luigina Giavotti (1916), Virginia Giorgi (1914), Germana Malabarba (1913), Carla Marangoni (1915), Luigina Perversi (1914), Diana Pissavini (1911), Luisa Tanzini (1914), Carolina Tronconi (1913), Iole Vercesi (1916), Rita Vittadini (1914).
Loro sono le  ginnaste di Pavia.
La storia loro l’hanno scritta, a noi non rimane che raccontarla e raccontarla ancora.

 

Marco Panella, (Roma 1963) giornalista, direttore editoriale di Sportmemory, curatore di mostre e festival culturali, esperto di heritage communication. Ha pubblicato "Il Cibo Immaginario. Pubblicità e immagini dell'Italia a tavola"(Artix 2015), "Pranzo di famiglia. Una storia italiana" (Artix 2016), "Fantascienza. 1950-1970 L'iconografia degli anni d'oro" (Artix 2016) il thriller nero "Tutto in una notte" (Robin 2019) e la raccolta di racconti "Di sport e di storie" (Sportmemory Edizioni 2021)

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