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Kathrine Switzer. La forza di cambiare il mondo

Kathrine Switzer voleva correre la sua maratona. Voleva farlo da donna, quando alle donne non era consentito farlo ufficialmente. Il 19 aprile 1967, a Boston, Kathrine Switzer avrà la forza di cambiare il mondo.
Kathrine Switzer

Quando è iniziato il ’68?
Iconograficamente con il maggio francese, l’occupazione della Sorbona e le barricate al Quartiere Latino, ma le date si rincorrono.
Alcuni lo intravedono già nei discorsi di Mario Savio che nel 1964, a Berkeley, accendeva le proteste studentesche contro la guerra del Vietnam.
In Italia oscilliamo tra le agitazioni universitarie di Trento del 1966, l’occupazione della Cattolica di Milano il 17 marzo 1967 e la battaglia romana di Valle Giulia , il primo marzo 1968.
Tutte date di portata simbolica, ognuna con una forte narrazione propria.
Eppure tra le diverse date possibili, una non è mai collegata al fermento che voleva cambiare il mondo.
È l
a data di una maratona.
Questa è la storia di un ’68 iniziato a Boston il 19 aprile 1967.
Questa è la storia di Kathrine Switzer e della sua forza di cambiare il mondo.

La Boston Athletic Association

La Boston Athletic Association, fondata nel 1887, è la più antica associazione sportiva degli Stati Uniti ed è una sorta di genius loci sportivo di quello spirito inglese che a Boston, la più inglese delle città americane, continua a respirarsi ovunque.

Dal 1896 la Boston Athletic Association organizza la Boston Marathon, di cui il prossimo 11 ottobre si correrà la 125esima edizione e che vedrà migliaia di atleti partire da Hopkinton, affrontare le Newton Hills per poi tagliare lo storico traguardo di Boylston Street.
Migliaia di atleti, uomini e donne.

Non è stato sempre così.

Donne e maratona

Lo sapeva Stamata Revithi,  che nel 1896 voleva correre la prima maratona olimpica, ma che in quanto donna si vide rifiutare l’iscrizione.
Un rifiuto che non la scoraggiò e che la portò il giorno dopo, l’11 aprile, a correre da sola da Maratona ad Atene, dove solo l’intervento dei gendarmi le precluse l’ingresso dello stadio Panatinaiko.
Una storia che ha una qualche similitudine con quella di Carlo Airoldi.

Lo sapevano Merry Lepper e Lyn Carman che nel dicembre del 1963 si nascosero nei cespugli vicino alla partenza della maratona di Culver City, in California, per poi saltare fuori e correre insieme agli altri concorrenti, rigorosamente  uomini.
Lyn avrebbe terminato la corsa, mentre Merry non sarebbe andata oltre metà percorso.

Lo sapeva Bobbi Gibb che nel 1966 aveva corso la maratona di Boston camuffata e senza pettorale, anche lei saltando fuori da un cespuglio per confondersi con i concorrenti appena partiti.

Lo sapeva ovviamente Kathrine Switzer, allora studentessa ventenne alla Syracuse University dove tra libri, lezioni e cronache universitarie, si allena per la corsa campestre, lei che al Lynchburg College da dove proveniva giocava ad hockey sul prato.

A monte dei regolamenti di Boston e di tutte le altre maratone ufficiali, troviamo convinzioni  straordinariamente fantasiose: scarsa attitudine fisica, inidoneità fisiologica, rischi per future maternità e via dicendo con amenità del genere.

Da Syracuse a Boston

Alla Syracuse University Kathrine corre per partecipare alle gare universitarie, per passione e per divertimento, come tutti.
Il college però è qualcosa in più di un’Università, almeno per come la intendiamo alle nostre latitudini.
Il college è un mondo, una comunità, dove si coltivano talenti nello studio e nello sport e dove si costruiscono amicizie che spesso durano vite intere.

Amicizie con tutti, anche con il postino dell’Università.
E se poi, come in questo caso, il postino si chiama Arnie Briggs ed è uno che di maratone se ne intende e che a Boston ha già corso quindici volte, allora può fare la differenza.

Quella di Arnie e Kathrine è una passione comune, lui la allena, corrono insieme e mentre corrono Arnie le racconta le sue maratone.
Le parole arrivano dove devono arrivare.
È così che Kathrine inizia a pensare alla sua sfida.
Lei vuole correre la maratona di Boston e vuole farlo ufficialmente, con dignità di donna e di atleta.
Kathrine forse ancora non lo sa, ma lei sta pensando di cambiare il mondo.

Il ’68 non voleva proprio questo?
Tra quelle che poi si riveleranno utopie, promesse tradite e sogni infranti, Kathrine il mondo lo cambia davvero e lo cambia insieme agli uomini, o comunque almeno insieme a un paio di noi.

Kathrine si allena e coltiva sogni.
Due dollari, un certificato medico, un modulo da compilare e un piccolo espediente.
Nessuno sospetta che dietro le iniziali di quel nome sul modulo di iscrizione ci sia una donna.
K.W. è proprio lei, Kathrine Virginia, Kathy per gli amici.
Iscrizione significa pettorale, numero, tempo ufficiale.
Iscrizione significa cambiare la storia.

19 aprile 1967

Quel giorno a Boston freddo e pioggia gelata non fanno certo immaginare che la primavera sia alle porte.
Dei 740 partecipanti iscritti, quattro vengono dalla Syracuse University: sono  Arnie Briggs, John Leonard, Tom Miller e Kathy.
Lei, in tuta grigia, ha un numero che già la rende felice: 261.

Accanto a lei, pantaloncini rossi, felpa arancione e pettorale 390, Tom Miller, fidanzato del tempo e lanciatore del martello con ambizioni di selezione olimpica per Messico ’68. Un fisico importante che tornerà utile.

Infagottata nella tuta grigia, Kathy non nasconde certo la sua acconciatura femminile, passare davanti a Will Cloney e John Duncan “Jock” Semple, i direttori di gara che ad Hopkinton fanno entrare i partecipanti nell’area di partenza, le dà qualche timore, ma i due di lei non si accorgono.

Al terzo chilometro

Il destino, però, la attende per strada.
Ad Ashland, poco più di tre chilometri dalla partenza, il pulmino dei reporter  passa accanto a Kathy.
I suoi capelli ondeggiano al vento e questa volta non passano inosservati.
Ehi, Jock, oggi hai una donna tra le mani! così grida un reporter grida così a “Jock” Semple.
Da quel momento, si scatena il finimondo.

Mr. Boston Marathon

John Duncan “Jock” Semple, 62 anni, scozzese, americano dal 1923, è il massaggiatore ufficiale dei Celtics e dei Bruins, bravo al punto che un giornalista di Sports Illustrated lo descrive come uno dei pochi grandi massaggiatori rimasti nella Nazione, un esperto praticante dell’arte morente della manipolazione delle mani.
Soprattutto lui è una sorta di nume tutelare della maratona di Boston che ha prima vissuto da concorrente con ottimi piazzamenti, per diventare poi  allenatore del club di corsa della Boston Athletics e, dal 1963, co-direttore della gara.

“Jock” Semple è Mr. Boston Marathon non per caso.

L’assalto

“Jock” Semple non comprende subito cosa voglia dire il reporter, ma poi, quando anche lui vede una donna corrrere, non crede ai suoi occhi.
boston marathon 1967Alcuni lo dipingono  come uno scozzese dal carattere irascibile.
Potrebbe anche essere, ma di certo le fotografie che lo ritraggono sono chiare.
Quando “Jock” Semple si lancia contro Kathy è furibondo.
Vuole fermarla, vuole farla uscire dalla sua maratona, perché non sarà quella donna a cambiare regole che per lui sono come le leggi di Dio.
Non andrà così.

Kathy in seguito racconterà dello spavento avuto nel sentirsi urlare dietro, nel voltarsi e nel vedere un volto trasformato dalla rabbia andarle contro e strattonarla per toglierle il pettorale.

Boston Marathon 1967Nella letteratura cortese c’è sempre un cavaliere che salva la dama in pericolo.
Ad Ashland, sulla strada della maratona, senza cavallo e senza spada incantata, il cavaliere ha la felpa arancione e le braccia di Tom Miller, il fidanzato che si frappone a “Jock” Semple, lo spinge lontano e protegge la corsa di Kathy.
Soprattutto protegge la sua libertà di donna.

Dopo la maratona, nonostante il favore mediatico della vicenda, Kathrine Switzer, Tom Miller e Arnie Briggs sono sospesi dall’Amateur Athletic Union, la loro associazione di atleti non professionisti.
Per Tom Miller questo significa anche l’esclusione dalla selezione olimpica.

Non sarà contento, ma nel 1968 lui e Kathy si sposeranno, anche se non per molto; divorzieranno nel 1972.

Harry Trask

Tutto questo avviene sotto gli occhi dei giornalisti che, dal pulmino, attendevano la scena madre che, da segugi come sono, in qualche modo avevano già fiutato.
Tra loro uno in particolare scatterà le immagini migliori, quelle che passeranno alla storia.
Si chiama
Harry Trask, straordinario autodidatta, Premio Pulitzer nel 1957 per le fotografie scattate volando a 20 metri dall’acqua mentre, dopo la collisione con lo Stockholm, l’Andrea Doria affondava al largo di Nantucket.

Sono sue le foto che consegnano alla storia la sequenza lirica della scena: l’assalto di “Jock” Semple, la reazione di Briggs e soprattutto di Miller, e poi Kathy che continua la corsa.

Il mondo cambia

Oltre le immagini, la storia è che Kathrine Switzer è la prima donna a correre e completare una maratona con il pettorale che ne attesta la partecipazione ufficiale.

Ci vorrà ancora del tempo, ma da quel 19 aprile del 1967 lo sport – non lo sport femminile, ma lo sport tutto – diventerà migliore.

Nel 1970 il Road Runners Club of America organizza il primo campionato femminile di maratona.
Nel 1971 la maratona di Culver City permette alle donne di partecipare.
Nel 1972 la maratona di Boston alle donne; Kathy partecipa ancora e arriva terza.

Il 23 giugno 1972, il presidente Richard Nixon firma una legge sull’istruzione che, tra le altre cose, prevede migliori condizioni per le atlete studentesse.

Nel 1973 a Weldniel, in Germania, si corre la prima maratona femminile internazionale; le partecipanti sono non più di quaranta.
Nel 1974 Kathrine Switzer vince la maratona di New York.
Nel 1978 ad Atlanta si corre la prima maratona femminile internazionale degli Stati Uniti.
Nel 1984 a Los Angeles si corre la prima maratona olimpica femminile.
Nel 2017 la Boston Athletic Association ha ritirato dalla competizione il pettorale 261, non più un numero, ma un simbolo.

261
(Photo Credit: Jessica Rinaldi/Globe Staff)

Oggi, ogni giorno milioni di persone corrono per allenarsi, per pura passione personale o anche solo per stare bene.
Tra loro circa 10 milioni l’anno corrono maratone ufficiali.
Oltre la metà sono donne.

261 Fearless

Dal 2015 Kathrine Switzer ha lanciato con alcune amiche 261 Fearless, network internazionale che attraverso la corsa e la comunità che intorno alla corsa si crea, affianca le donne per aiutarle ad uscire senza paura da condizioni psico-fisiche critiche e da situazioni di svantaggio di genere.

261 fearlessDi questo parla ed è testimone l’articolo di Greta Vittori che ospitiamo in questo numero.

Un’altra storia

Di “Jock” Semple abbiamo detto molto.
Mi piace ricordare però come, dopo quel 19 aprile del 1967 che ha cambiato il mondo, Jock e Kathy siano diventati amici.

Una foto del 1973, che non ha per nulla l’aria di essere di circostanza, li ritrae sorridenti alla partenza della Boston Marathon finalmente sdoganata alla partecipazione femminile.

Kathrine Switzer
Personaggio forse suo malgrado, Semple scriverà Just Call Me Jock, un libro di  memorie che nel 1981 spesso Kathy affiancherà nelle presentazioni.
Nel 1988, poco prima della sua morte, Kathy lo saluterà in ospedale.
In qualche misura, anche “Jock” Semple è stato un uomo della sua vita.

E anche questa è una bella storia.

 

Marco Panella, (Roma 1963) giornalista, direttore editoriale di Sportmemory, curatore di mostre e festival culturali, esperto di heritage communication. Ha pubblicato "Il Cibo Immaginario. Pubblicità e immagini dell'Italia a tavola"(Artix 2015), "Pranzo di famiglia. Una storia italiana" (Artix 2016), "Fantascienza. 1950-1970 L'iconografia degli anni d'oro" (Artix 2016) il thriller nero "Tutto in una notte" (Robin 2019) e la raccolta di racconti "Di sport e di storie" (Sportmemory Edizioni 2021)

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